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Immagine del redattoreDomenico Grillone

Gli artisti brasiliani contro la cultura della violenza e una politica di morte


Il Brasile è un paese caratterizzato da mille contraddizioni: molto amato, affascinante per mille motivi ma allo stesso tempo un paese in cui le diseguaglianze sono evidenti, ed i numeri sulla povertà solo lì a dimostrare la fragilità di un sistema riguardo il welfare, politiche economiche e sociali, sanità pubblica, ormai allo sbando, e diritti, sempre più calpestati da una ingiustizia che arriva spesso da coloro i quali dovrebbero invece combatterla. Per non parlare della questione ambientale, si pensi al disastro che riguarda l’Amazzonia, sempre più depredata, depauperata con il pieno assenso della politica.


Ma la cosa più triste e per alcuni versi inquietante, è la campagna d’odio, che ha raggiunto livelli spropositati, contro la popolazione delle aree più vulnerabili del paese, non solo nelle città ma anche nelle aree rurali e indigene. A luglio scorso il teologo della Liberazione e consulente della Fao, Frei Betto, ha lanciato una denuncia internazionale “contro un governo necrofilo” che sta uccidendo i suoi abitanti, che utilizza la pandemia, “per far morire i poveri e risparmiare i soldi del programma di assistenza Bolsa Familia e di altri programmi sociali”. Partiamo da qui per ascoltare il grido di protesta e di dolore di tantissimi artisti brasiliani riguardo la condizione del proprio paese. Uno di questi si chiama Leandro Sapucahy, cantante, percussionista e produttore che assieme ad un grande rapper della scena brasiliana, Marcelo D 2, con il brano “Numa cidade muito longe de aqui” mette il dito sulla piaga della violenza all’interno delle favelas, violenza spesso operata dalla stessa polizia. Secondo il professore Dario de Sousa e Silva Filho dell’Università Statale di Rio de Janeiro, infatti, “da una parte vi sono le bande di narcotrafficanti ‘semplici’, dall’altra le milicias, i gruppi delinquenziali formati da poliziotti corrotti, in servizio o ex, criminali e politici conniventi. Narcos delle differenti fazioni e milicias si sono spartiti, spesso dopo cruenti conflitti, le baraccopoli brasiliane dove, oltre a gestire i loro traffici, esercitano anche un’amministrazione di fatto, dato il disinteresse delle Stato”

D’altronde il testo dice tutto: ci sono uomini cattivi senza anima e cuore, ci sono uomini di legge determinati, ma il momento è di caos perché la popolazione in questo truce scherzo di guardie e ladri non è sicura chi sia l’eroe ed il cattivo, ci sono uomini della legge che si trasformano in esseri malvagi quando entrano nella favela per sparare, e lo fanno in maniera generalizzata. Ed è in questo momento che la testa diventa calda


Quasi il 5% della popolazione brasiliana (parliamo di oltre 215 milioni di persone) vive con meno di 1,90 dollari al giorno, secondo i dati della Banca mondiale. Quindi, più di dieci milioni di persone non possono permettersi niente, nemmeno il cibo necessario per sopravvivere. E Gabriel o Pensador, nome d’arte dell’artista Gabriele Contino, lo denuncia da decenni, nel corso della sua lunghissima carriera musicale di rapper, scrittore e agitatore sociale. La sua canzone del 2001 dal titolo “Ate quando” (fino a quando) tratto dall’album Seja Você Mesmo (Mas Não Seja Sempre O Mesmo) denuncia lo stato di malessere generalizzato, ora più che mai attuale da una politica genocida, affermazione pubblicata dai più importanti giornali europei come il The Guardian o il New York Times in America. Il testo, molto duro, dice così: Non serve guardare il cielo con molta fede e poca lotta, non serve guardare a terra e girare la testa per non vedere. Cambia, cambia atteggiamento, fino a quando resterai muto?, fino a quando ti farai pestare restando in silenzio? Il tuo bambino senza scuola, il tuo vecchio senza denti, tu tenti di essere felice ma non ti accorgi quanto tutto questo e rivoltante.

Ascoltiamo ancora Gabriel o Pensador con un bellissimo brano dal titolo “Astronauta” tratto dall’album del 1999 dal titolo “Nadegas a declarar” con un testo davvero speciale: astronauta, stai sentendo nostalgia della terra? La gente qui in basso continua in guerra guardando lì, per la luna e implorando la pace. Allora dimmi, perché vuoi tornare? Non sei felice dove sei? Osservando tutta la distanza, vedendo la terra come è piccola e quanto è grande la nostra ignoranza e come la nostra vita è meschina. E tu, con tutto questo spazio in mano, vuoi tornare sulla terra? Ah, no mio fratello, quale animale ti ha morso li sulla luna tanto da voler tornare sulla terra? La vita qui è più che mai difficile, qui nel mondo le cose stanno molto male. Tu, astronauta, che sei già vicino a Dio, promettimi che gli chiederai le risposte di tutte le domande che ti ho fatto ed inviamele per internet

Ed in una situazione così drammatica in cui "o cheiro do golpe" (il profumo di un colpo di Stato) è palpabile, alcuni tra i più grandi musicisti e artisti brasiliani, poche settimane addietro hanno lanciato il videoclip dal titolo "Desgoverno", a favore della messa sottoaccusa del presidente Jair Bolsonaro, ormai in caduta libera negli exit poll brasiliani in vista delle prossime elezioni del 2022.


Anche gli indigeni si rivoltano per una politica genocida, accentuata dalla recente proposta di legge chiamata "Marco Temporal", una linea di demarcazione temporale che restringe i diritti dei popoli indigeni e ne minaccia l’esistenza. Proprio quest’ultimo, il Marco Temporal, dovrà essere definito dal tribunale in ultima istanza come criterio generale applicabile a tutti i casi di demarcazione sul territorio nazionale. Dunque non verrà messo in discussione soltanto il diritto alla terra del popolo Xokleng, ma verrà definitivamente giudicata una tesi giuridica che, se legalizzata, minerà il diritto originario alla terra di tutti i popoli indigeni. Di seguito il brano del gruppo Bros MC's 2015 dal titolo "Eju Orendive", gruppo pioniere in Brasile del rap indigeno.


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