E’ un momento di calma, dentro la Basilica ci sono appena una decina di persone che pregano. Mi studio in un attimo il percorso d’entrata con la videocamera accesa, mi guardo intorno e parto. E mi riprometto di non farmi coinvolgere emotivamente da nulla, proprio nulla. Devo filmare, e bene, io che sono un dilettante, la bellezza di un luogo, “Basílica Santuário Senhor Bom Jesus do Bonfim”, considerato l’icona della fede baiana. Si tratta del santo più venerato di Bahia, il suo patrono, “Il Signore della buona fine”, o della buona morte, la cui statua fu trasportata da Lisbona a Bahia nel 1745 ed associata a religioni tribali di circa 5mila anni addietro e di cui il Candomblè è una tipica espressione dal punto di vista rituale. Nel tempo per i neri di Bahia il Signore di Bonfim si sovrappose ad Oxalà, che nel candomble era la divinità della creazione. Il risultato è che la chiesa, elevata a basilica nel 1927 da Papa XI, è diventata un autentico luogo di preghiera, un luogo in cui si ritrovano a pregare da secoli, ed ecco il sincretismo religioso baiano, cattolici e adoratori degli Orixas (i santi africani), la cultura tribale degli schiavi deportati in Brasile e quella dei cosiddetti “conquistatori”, i cattolici europei.
Si tratta di un santo, per come si legge nelle cronache, che non appartiene in maniera esclusiva a nessuna religione, “pronto a trasformarsi all’occorrenza in una divinità negra, in un santo di samba o di capoeira”. Comincio a filmare la bellezza, l’incanto, quel senso di mistero e magia dell’interno, pieno di affreschi, ori, e che troverà poi un insolito epilogo nella sala degli ex-voto. Ma quello che manda all’aria, o quasi, tutti i miei piani è quel discorso a tratti calmo, a tratti nervoso di una signora meticcia, seduta un paio di metri avanti a me. No, non è possibile, sta pregando ma non recita preghiere: racconta e si racconta con Dio, e lo fa come se parlasse con un amico. Magari incazzandosi anche un po’. In pratica, prega nella stessa, identica maniera con cui io mi rapporto con l’assoluto, il trascendente, insomma, con Dio.
Spengo la telecamera e mi siedo. Per le immagini ci penseranno i “miracoli” della post-produzione, adesso voglio capire esattamente cosa la signora sta dicendo. Pochi secondi e capisco che si sta lamentando per la scomparsa della sorella, chiede insistentemente al “Senhor do Bonfim” o a “Oxalà” dove sia andata a finire, pretende un segnale, qualcosa che l’aiuti a ritrovarla. “Credo in te, lo sai, faccio tutto con una finalità, il bene. Adesso però non mi puoi abbandonare, troppe tragedie sono successe nella mia vita Mi devi aiutare, io aspetto. E vengo a ripetertelo a casa tua fin quando non mi fai capire”. Più avanti la stessa cosa, si tratta di una coppia ma è lei che discorre chiedendo al suo Dio solo la forza ed il cammino da seguire: “Nao quero ser rica, nao te pedo dinheiro, desejo so que voce me illumine” (Non voglio essere ricca, non ti chiedo soldi, desidero solo che tu mi illumini). Buone vibrazioni per un silenzio che non ti fa paura. Al contrario, sembra donarti pace e tranquillità. Arrivo fin sotto l’altare, poi giro a destra, verso la sacrestia.
Anche qui un’altra sorpresa: la sala degli ex-voto, un altro esempio di commistione delle due culture. Sul tetto e sulle pareti della piccola stanza sono appesi gambe, braccia, teste e teschi di cera, tanti oggetti strani messi lì dai fedeli per chiedere la grazia al proprio Signore. Tante foto, tanti volti per altrettante storie, offerte per la misericordia di Dio. Faccio il percorso inverso e mi avvio verso l’uscita. Qui sventolano le migliaia di “fitinhas do Senhor do Bonfim”, braccialetti colorati da collocarsi sul cancello della Chiesa, non prima di aver fatto tre nodi ed esprimendo altrettanti desideri. Il taxi mi aspetta, ma è la vetrina della santeria, una delle tante poste nella strada adiacente la Basilica, che mi rapisce: un Cristo ben rappresentato, a braccia aperte, con un grande manto bianco, un cuore rosso e intorno a lui, più piccole, le statue dei più importanti Orixas. Il compendio perfetto dell’armonia. Torno a casa, visiono foto ed immagini, e penso alle parole del tassista, per nulla meravigliato del mio entusiasmo. “Amico, io sono cattolico, la mia famiglia mi ha battezzato e io ho sempre seguito la dottrina, ma la mia Madonna è Yemanja la dea del mare. Non cambia nulla, amico. Preghiamo per un fine comune, il bene”.
(Testo, foto e video principale di Domenico Grillone)
"Fui lá na Bahia de São Salvador Peguei um Axé nos Encantos de lá Voltei pro meu rio do meu redentor pra ver meu amor que é lá de Irajá to cheio de saudade do nosso calor e tudo que eu quero é chegar e poder, Te amar, te Abraçar Matar a vontade que tanto senti sem o teu carinho não da pra ficar Rezei para o Nosso senhor do Bonfim E trouxe uma fita pra te abençoar E tive a certeza que a gente é assim Um longe do Outro não dá pra ficar Não dá pra separar Eu vou seguindo a trilha do amor Enquanto essa paixão me guiar deixa o coração me levar Deixa o coração me levar Eu vou seguindo a trilha do amor Onde voce quiser vou estar sem voce não dá pra ficar sem Voce não dá pra ficar".
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